Il legal tech in Europa: prospettive di sviluppo e confronto con il mercato statunitense

Rispetto agli anni passati, i dati europei del legal tech rilevati nell’anno 2021 sono stati decisamente più rassicuranti, avendo generato ricavi per 6,07 miliardi di dollari nel mercato B2B e 900 milioni nel mercato B2C e potendo contare su un universo di 3.300 start up. Questi dati sono un po’ condizionati dalla presenza del Regno Unito, che ha una crescita decisamente diversa rispetto agli altri Paesi Europei anche perché supportata da iniziative governative come LawTechUK, che attestano una lungimiranza che, tra gli altri, il nostro Paese non ha lontanamente dimostrato.

Questo a fronte di un mercato davvero schizofrenico: si pensi, ad esempio, che l’area geografica dell’Unione europea presenta al suo interno circa 1,1 milioni di avvocati la cui distribuzione all’interno dei singoli Stati è estremamente disomogenea: l’Italia assorbe, da sola, quasi un quarto dei professionisti totali (250.000), seguita da Germania e Spagna (160.000 ciascuna). I tre paesi, da soli, inglobano circa la metà del totale dei professionisti dell’Unione, mentre nel Regno Unito si contano solo 60.000 avvocati. Il fatto che il mercato legale possa risultare più numeroso in alcuni Stati, come ad esempio il nostro, non ci deve confondere: proprio per questa ragione, gli avvocati opporranno maggiore resistenza all’utilizzo di nuove tecnologie per svolgere la professione legale, in quanto si sentono “minati” dal populistico motto del “robot che sostituirà gli avvocati”.

Rilevano considerevolmente, inoltre, le diverse capacità di investimento. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito prevale la tendenza alla creazione di studi legali di dimensioni molto grandi, con migliaia di professionisti al loro interno. Nell’Europa continentale, per contro, continuano a esistere studi legali composti da pochi professionisti, quando non addirittura studi a carattere individuale o familiare. I compensi per la professione legale negli Stati Uniti e nel Regno Unito sono mediamente superiori rispetto all’Europa. Tutto questo si traduce in una diversa capacità, per i professionisti, di investire in strumenti legal tech, sia come consumatori che come sviluppatori.

Infine, la barriera più significativa, per lo sviluppo di un mercato organico del legal tech, è probabilmente quella linguistica. Si prenda ad esempio il numero di professionisti operanti nel settore: negli Stati Uniti, secondo le statistiche dell’American Bar Association, operano circa 1,3 milioni di avvocati. Tali professionisti sono accomunati dalla lingua inglese e dallo studio del diritto federale, sebbene incontrino anche leggi diverse stato per stato.  In una professione strettamente legata all’uso della lingua, la tecnologia è tenuta a reggere il passo e adattare il proprio funzionamento, con la conseguenza che i software devono essere sviluppati in ogni versione linguistica in modo da produrre risultati soddisfacenti e linguisticamente naturali.

In sostanza, il settore americano e quello anglosassone possono beneficiare di grandi finanziamenti, sia da parte dei grandi studi legali che dai grandi venture capital statunitensi che hanno, da sempre, un’attitudine maggiore a fare investimenti accettando il rischio di un mancato ritorno rispetto a quelli europei. Considerando poi l’esplosione dell’intelligenza artificiale nel mondo legale, la comunanza linguistica inizia ad avere un peso davvero rilevante. Non è facile ipotizzare un futuro roseo per i sistemi di Natural Language Processing che vogliano introdursi nel mercato europeo,con le sue 24 lingue ufficiali completamente differenti tra loro. In Europa, stanno iniziando a fiorire alcuni progetti di annotazione e categorizzazione, e molte società richiedono a giovani giuristi di tutti gli stati membri di analizzare contratti o altri documenti legali. Anche qua, come è già successo in altri contesti, la localizzazione geografica dell’intelligenza artificiale sarà tanto più veloce quanto meno sarà esosa la richiesta economica per “nutrire” l’intelligenza artificiale fatta da quelli che Casilli definisce, con toni un po’ inquietanti, “gli schiavi del clic”. 

A differenza dell’intelligenza artificiale, che sicuramente non cresce alla stessa velocità del mondo statunitense e anglosassone, un trend notevolmente in crescita a livello europeo è quello del marketplace legale, all’interno del quale si incontrano offerta e domanda del lavoro, agevolando l’incontro tra professionisti in cerca di visibilità e potenziali clienti in cerca di un’assistenza legale con competenza in una determinata expertise o in una determinata area geografica. Hugo.Legal o il nostrano 4cLegal rappresentano esempi concreti di questo sviluppo. Sotto questo profilo, pur rimanendo aperti alcuni nodi sotto il profilo deontologico, è indubbio che la professione sta vivendo una fase di evoluzione verso un modello di e-commerce che tenderà ad un fisiologico ribassamento delle tariffe. Più che del “robot artificiale”, gli avvocati dovrebbero aver timore di questo tipo di futuro, dove l’attività forense rischia di trasformarsi in un prodotto. Alcuni simpatici meme di colleghi che proponevano sconti per il Black Friday potrebbe diventare un’inquietante realtà nel prossimo futuro.

Un ultimo spunto di riflessione sul futuro del legal tech europeo riguarda il tema che secondo me diventerà un importante spartiacque del prossimo decennio, non soltato in questo settore: la distinzione sempre più marcata tra legal tech “centralizzato” e legal tech “decentralizzato”. Gli ambiti possono essere gli stessi, anche se il primo sta puntando di più all’universo della document automation e dell’intelligenza artificiale, mentre il secondo, come è naturale che sia, trova più sbocchi nel mondo della blockchain e degli smart contract. Oggi però progetti come quello di Legal Nodes o di Kleros non possono più essere sottovalutati, e vanno considerati in modo molto serio come possibile prospettiva per offrire a livello europeo una reale alternativa ai servizi legal tech più strutturati e fisiologicamente centralizzati (da Luminance a Juro, da Kyra a tutte le altre realtà del gruppo Litera)

In conclusione, il legal tech europeo deve affrontare delle importanti sfide nel prossimo futuro e lo deve fare evitando di pensare che il vero problema sia quello della giustizia predittiva, che dubito potrà vedere la luce a breve nelle sue forme più evolute. Le sfide sono quelle dell’etica e della compliance, che le legal tech europee devono rivendicare rispetto ai prodotti competitor sviluppati in tutti gli altri contenimenti. Si pensi, ad esempio, alla compliance GDPR che, se osservata con occhiali da presbite, può venire percepita come un ostacolo ad ogni progetto di innovazione tecnologica, ma che se applicata tenendo ben saldi i principi della privacy by design e privacy by default, diventa un segno distintivo tra il legal tech europeo e quello statunitense di grandissima importanza.

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