La paternità dell’opera nell’era dell’intelligenza artificiale, tra problematiche di copyright e disinformazione

Chat-GPT, Bard, Gemini (e chi più ne ha, più ne metta!): nell’era della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale (IA) siamo sempre più esposti a contenuti generati da macchine, i quali possono assumere forme e contorni diversi. Negli ultimi anni, poi, complice anche il costante progresso tecnologico e la disponibilità di una sempre maggiore mole di dati, i modelli di IA sono diventati sempre più sofisticati e potenti, tanto da riuscire a generare contenuti il cui livello di precisione e complessità rasenta la perfezione di un’opera prodotta dall’essere umano (recenti studi ipotizzano che nel 2027 si raggiungerà la prima versione della cosiddetta Single AI, dove la macchina arriverà addirittura a superarci).

La situazione appena descritta comporta spesso la difficoltà di distinguere l’opera dell’uomo da quella prodotta dalla macchina, con conseguenti problematiche connesse principalmente (seppur non in via esclusiva) al diritto d’autore e alla crescente diffusione delle fake news (con disinformazione galoppante annessa). Ovviamente non tutti i mali vengono per nuocere ed il presente scritto non si propone di demonizzare tout court l’innovazione. Piuttosto vuole sensibilizzare la creazione di un pensiero critico per il lettore e creare consapevolezza nell’uso responsabile di certi strumenti, i quali, se ben compresi, possono realmente essere al servizio dell’uomo e non sostituirlo: pensiamo, infatti, che il progresso tecnologico abbia una base neutra, sta a noi arricchirla positivamente e non negativamente.

L’autenticità dell’opera: problematiche etico-sociali e sfide dell’IA

Come accennavamo in premessa, la difficoltà di distinguere l’autenticità di un contenuto prodotto dall’IA piuttosto che dall’essere umano comporta problematiche di importante rilevanza, soprattutto se queste possono avere conseguenze ed impatti sociali. Spesso, infatti, circolano e si diffondono in rete notizie false, create massivamente attraverso l’utilizzo delle macchine al fine di generare consensi, ingannare gli utenti e manipolare l’opinione pubblica.

La disinformazione è storia antica ormai (celebre la fake news sull’altezza di Napoleone), ma la sua evoluzione tecnologica è qualcosa di davvero allarmante: pensate che solo in Italia nel 2023 ci sono più di 100 siti internet che generano appositamente e quotidianamente notizie false, e ciò solo per attrarre click e arricchirsi attraverso i proventi pubblicitari connessi. Cosa importa se si aumenta la confusione all’interno di una società già attanagliata dalla costante infodemia? L’importante è guadagnare e sfruttare la massa popolare che spesso, complice l’assenza di pensiero critico, prende come oro colato quanto gli viene proposto dal web e social network. Che dire poi delle rilevanti conseguenze che l’uso improprio dell’IA può produrre su copyright e diritto d’autore?

L’IA e l’incertezza della paternità delle opere nel diritto d’autore

Data la continua evoluzione delle modalità di utilizzo dei sistemi di IA, ad oggi, risulta difficile individuare le tipologie di tutele giuridiche relative al diritto d’autore e al copyright che possono essere utilizzate nei confronti e-o a favore dei contenuti digitali creati dai sistemi di IA.

Per stabilire se le opere create attraverso i sistemi di IA possono determinare una violazione del diritto d’autore e di copyright altrui, occorre innanzitutto capire come tali opere vengono realizzate. Infatti, i sistemi di IA creano contenuti attraverso algoritmi di Machine Learning, che consentono di sfruttare i dati di cui si alimentano (quali, immagini, testi, suoni) per “apprendere” dagli stessi e, sulla base di questi, creare nuove opere. Il contenuto generato dall’IA sarà, quindi,frutto della combinazione dei dati di partenza utilizzati, con il rischio di presentare alcune somiglianze con gli stessi e, di conseguenza, di violare i diritti di proprietà intellettuale altrui.

Per stabilire se le opere create attraverso i sistemi di IA possono determinare una violazione del diritto d’autore e di copyright altrui, occorre innanzitutto capire come tali opere vengono realizzate. Infatti, i sistemi di IA creano contenuti attraverso algoritmi di Machine Learning, che consentono di sfruttare i dati di cui si alimentano (quali, immagini, testi, suoni) per “apprendere” dagli stessi e, sulla base di questi, creare nuove opere. Il contenuto generato dall’IA sarà, quindi, frutto della combinazione dei dati di partenza utilizzati, con il rischio di presentare alcune somiglianze con gli stessi e, di conseguenza, di violare i diritti di proprietà intellettuale altrui.

Pertanto, seppur ancora oggi oggetto di forte dibattito fra dottrina e giurisprudenza, per valutare la sussistenza o meno di una violazione dei diritti d’autore e di copyright, è opportuno verificare: (i) se gli autori dei dati utilizzati dai sistemi di IA abbiano fornito il loro consenso allo sfruttamento delle loro opere da parte delle società detentrici dei suindicati sistemi di IA; (ii) il livello di somiglianza tra il contenuto creato dall’IA e il “dato di partenza”.

Un’altra tematica attualmente “sotto i riflettori” della giurisprudenza nazionale ed internazionale riguarda la possibilità di riconoscere il diritto d’autore o di copyright in capo all’autore di opere prodotte attraverso sistemi di IA. Al riguardo, l’Ufficio del Copyright degli Stati Uniti si è recentemente pronunciato nel senso di non ritenere tutelabili dal diritto d’autore le opere d’arte realizzate attraverso le macchine. Tuttavia, tale decisione non è stata totalmente condivisa da alcuni esponenti della dottrina statunitense, in quanto, secondo alcuni, prima di riconoscere o meno la paternità di un’opera creata attraverso sistemi di IA, dovrebbe essere valutata la complessità delle istruzioni impartite dall’artista al sistema di IA.

Analogamente, anche la nostra Corte di Cassazione, la quale ha recentemente disposto che l’elemento discriminante per stabilire se attribuire la paternità di un’opera prodotta attraverso l’IA a colui che si è avvalso di tale tecnologia consiste nella prevalenza dell’apporto umano alla realizzazione dell’opera stessa (ordinanza n. 1107/2023). “Dunque, nell’ipotesi in cui, all’esito di tale accertamento di fatto, venga ritenuto prevalente l’apporto umano rispetto a quello della macchina, non vi è ragione per non riconoscere tutela autorale alla persona che di tale strumento si sia servita”. Ciò descritto, pertanto, ben può comprendersi come ad oggi l’assenza di una normativa unitaria che disciplini la questione in maniera univoca e definitiva comporti ancora uno status di incertezza nel connubio IA e paternità delle opere prodotte.

Quali sono le principali caratteristiche per distinguere l’opera umana da quella artificiale?

L’evoluzione tecnologica e lo studio scientifico, fortunatamente ad oggi hanno individuato alcune caratteristiche utili a distinguere, seppur non in maniera infallibile, l’opera prodotta dall’essere umano rispetto a quanto creato dall’IA. Seppur molte delle stesse possono essere eluse dalle macchine più sofisticate, le principali metodologie si concentrano:

1. Sul lessico: le opere dell’uomo tendono ad avere un linguaggio ampio e variegato, arricchito altresì da espressioni colloquiali, slang, doppi sensi, sfumature e termini specifici; quelle dell’IA, invece, tendono ad essere ripetitive e più limitate, utilizzando maggiormente parole comuni e generiche;

2. Sulla sintassi: le opere dell’uomo tendono ad avere una struttura più complessa e imprevedibile, oltre ad incisi, subordinate e punteggiatura; quelle dell’IA, invece, tendono ad avere una struttura più semplice e rigida, con frasi più brevi e lineari;

3. Sulla coerenza: le opere dell’uomo hanno solitamente una coerenza logica e tematica; quelle dell’IA, invece, tendono ad avere una coerenza superficiale e frammentaria, spesso con diverse contraddizioni;

4. Sulla creatività: le opere dell’uomo sono creative ed originali, alle volte arricchite da metafore e un pizzico di humor; quelle dell’IA, invece, sono statiche e limitate, con idee banali, prevedibili e caratterizzate da serietà;

5. Sugli errori: le opere dell’uomo possono contenere errori grammaticali o di battitura; quelle dell’IA, seppur pecchino di scarsa creatività, non presentano tale tipo di errori.

Soluzioni tecnologiche pratiche che vengono in nostro soccorso

Esistono ad oggi soluzioni tecnologiche in grado di aiutarci a distinguere l’opera dell’uomo da quella della macchina? Ovviamente sì, seppur, come accennato, non sono infallibili. Noi vi proponiamo il seguente elenco:

1. Smodin è uno strumento online che offre un servizio di rilevamento dei contenuti IA multilingue. Le sue funzionalità si basano su algoritmi avanzati che confrontano il testo con diverse banche dati preesistenti, valutando unicità, lessico, sintassi e coerenza;

2. AI Image Forensics è uno strumento creato da un organismo non profit europeo, che rileva le immagini generate da AI come StyleGAN, BigGAN e CycleGAN. Si basa su tecniche di analisi delle frequenze spaziali, che individuano le anomalie e le incongruenze tipiche delle immagini sintetiche;

3. Fake News Detector è uno strumento sviluppato dall’Università di Pisa, che permette di identificare le notizie false generate da intelligenze artificiali come Grover, GPT-2 e GPT-3. Le sue funzionalità si basano su un modello di apprendimento che combina diverse caratteristiche (linguistiche, stilistiche e semantiche);

4. Deepfake Detector è uno strumento realizzato dall’Università di Trento, che consente di riconoscere i video alterati da IA come DeepFaceLab, FaceSwap e Face2Face. Si basa su una rete neurale che analizza i volti dei soggetti e rileva le incongruenze tra le espressioni e movimenti facciali.

Brevi conclusioni

La sfida di distinguere tra l’opera prodotta dall’uomo e quella di derivazione artificiale non riguarda solo tecnologia e scienza, ma va ben oltre: rapporti sociali e diritti umani sono, infatti, al centro di questo radicale cambiamento generazionale. Per tali ragioni è importante accrescere il nostro pensiero critico, verificare sempre le fonti delle informazioni che apprendiamo e promuovere una cultura della responsabilità e della trasparenza nell’uso delle intelligenze artificiali, sia da parte dei produttori che dei consumatori, garantendo l’autenticità dell’opera. Solo così potremo sfruttare al meglio le potenzialità delle macchine senza perdere la nostra identità umana.

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