Ddl IA: il disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale

Se l’Unione europea è stata la prima a regolamentare a livello sovranazionale l’intelligenza artificiale con l’AI Act, l’Italia ha voluto essere il primo paese a redigere un disegno di legge sulla materia, sulla scia del Regolamento UE e mirato a porsi come punto di riferimento sull’evoluzione tecnologica e nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Il 23 aprile 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Ddl IA, a prima firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’innovazione tecnologica Alessio Butti. Il provvedimento tocca vari argomenti, dalla protezione dei minori al contrasto dei deepfake. L’obiettivo della legge è promuovere un utilizzo responsabile e trasparente dell’intelligenza artificiale. Dopo l’approvazione, il testo è passato nelle mani del Senato, che l’ha approvato dopo molti mesi, nel marzo 2025, e ora passerà nelle mani della Camera.
A bloccare la legge alla Camera Alta pare sia stata una questione economica. I 26 articoli voluti dal governo Meloni per normare questo nuovo e potente strumento dell’intelligenza artificiale hanno un costo e ancor più pesante è l’impatto economico che avrebbero gli emendamenti.

Cosa contiene il ddl IA?

Nel merito, il disegno di legge “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale” si compone di 26 articoli. I primi stabiliscono i principi che devono guidare gli sviluppatori di strumenti di IA, così come coloro che ne usufruiscono, ovvero il rispetto dei diritti e della libertà, i principi di non discriminazione, la sicurezza degli utenti e la trasparenza.
La proposta legifera sulle autorità e le istituzioni che garantiranno tali principi, come il Comitato nazionale per l’IA per coordinarne le politiche e il Centro nazionale per l’intelligenza artificiale per attività di ricerca e sperimentazione, con sede a Torino. L’AgId (Agenzia per l’Italia digitale) lavorerà in sincronia con l’ACN (Agenzia Cybersicurezza nazionale) per il monitoraggio e la vigilanza dei sistemi IA. Questi due enti di vigilanza, però, secondo le istituzioni europee dovrebbero avere poteri di cui al momento non dispongono, e questo è un altro motivo per cui la legge ha subito una frenata.

Sulla scia dell’AI Act europeo, il Ddl si sofferma sulla garanzia del consenso informato nell’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale e interviene anche in materia di diritto d’autore, ovvero stabilisce che le opere create con quest’ultima siano tutelate dal copyright. Proprio l’argomento del copyright sembra essere stato un altro motivo di stallo per la legge sull’IA. Secondo quanto emerge dalle indiscrezioni, la Commissione europeo avrebbe posto alcune osservazioni sul testo della legge italiana stando alle quali alcuni provvedimenti andrebbero in contrasto con il Regolamento europeo (l’AI Act). Spicca, tra i temi trattati, l’interesse per la tutela dei minori. L’articolo 4, infatti, richiede il consenso da parte dei genitori per i minori di 14 anni per l’uso di tecnologie di intelligenza artificiale.

Modifiche penali 

Allo stesso modo, vengono introdotte nuove fattispecie di reato per l’utilizzo illecito di sistemi di IA. Dal punto di vista del diritto penale, il ddl propone modifiche al Codice penale. Introduce, infatti, il “reato di illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale” all’art. 612-quarter, con pene da uno a cinque anni di reclusione per chiunque induca in inganno tramite contenuti audio o video alterati o generati con strumenti di IA. La legge punta a tutelare chi può essere oggetto di questi contenuti, ma anche il pubblico vittima della disinformazione. 

Allo stesso modo, vengono introdotte nuove fattispecie di reato per l’utilizzo illecito di sistemi di IA. Dal punto di vista del diritto penale, il ddl propone modifiche al Codice penale. Introduce, infatti, il “reato di illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale” all’art. 612-quarter, con pene da uno a cinque anni di reclusione per chiunque induca in inganno tramite contenuti audio o video alterati o generati con strumenti di IA. La legge punta a tutelare chi può essere oggetto di questi contenuti, ma anche il pubblico vittima della disinformazione.

Per garantire una corretta informazione, inoltre, il disegno di legge introduce l’obbligo dei fornitori dei media di rendere visibile, tramite un bollino, l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale sui contenuti generati o modificati con essi. In questo modo, il pubblico è consapevole della veridicità o meno dei contenuti che visualizza e condivide. In caso di violazione, l’AGCOM è tenuta a sanzionare i fornitori con una multa da 10.329 euro a 258.228 euro. Sul diritto d’autore, il dibattito parlamentare potrà apportare ulteriori modifiche. Il governo parte dalla proposta di consentire l’uso di opere protette dal diritto d’autore da parte dei sistemi di intelligenza artificiale in fase di addestramento per scopi di ricerca.

Limiti e vaghezza del ddl 

Molti hanno criticato l’estrema vaghezza e la poca sostanza di questo disegno di legge. È certo che dovrà passare all’esame delle Camere e subire chiari emendamenti in fase di discussione, ma alcuni limiti stanno proprio alla base della proposta, anche relativi all’aspetto economico. Il governo sottoscrive che non ha intenzione di stanziare ulteriori risorse a questo settore rispetto a quelle disponibili. Ciò è di per sé un limite nella redazione di un disegno di legge, ma ancor di più se si parla di intelligenza artificiale, tecnologia che necessita di grandi investimenti, in particolar modo se si intende essere considerati tra i paesi punto di riferimento del settore. Il rischio è che l’Italia, ancora una volta, rimanga indietro e possa soltanto essere un fanalino di coda rispetto agli altri paesi del G7, e non solo.

Un altro fattore oggetto di critica da parte di chi ha esaminato la bozza del disegno di legge è la genericità dei contenuti riguardanti i principi e gli ambiti di utilizzo. Il disegno si concentra su determinati settori, quali la sanità, in particolar modo sull’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per migliorare la sanità territoriale; la pubblica amministrazione, in cui si limita la responsabilità all’essere umano; la giustizia, in cui dovrebbe facilitare il lavoro degli avvocati e come sussidio per i magistrati in fase di ricerca. Si sottolinea, però, che la decisione e l’interpretazione della legge restano al professionista umano. In generale, ma come ribadito anche dall’articolo 10 del disegno di legge, l’intelligenza artificiale deve migliorare le condizioni di lavoro e accrescere la produttività, ma le norme puntano a tutelare il lavoro dell’umano non sostituendolo in alcun modo.

In sostanza, il governo ha voluto gettare le basi per preparare il terreno all’AI Act, secondo cui è necessaria una formazione e un’alfabetizzazione della popolazione in materia di intelligenza artificiale. L’iter del decreto legge sarà lungo, e di sicuro non avremo una regolamentazione a stretto giro, ma il segnale è chiaro e questo sembra essere un passo importante per l’Italia nel voler definire un quadro normativo adeguato per lo sviluppo e l’utilizzo responsabile di questa tecnologia. Saper cogliere le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale per la crescita economica e il miglioramento della qualità della vita significa però anche garantire al contempo il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

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