L’IA di Meta arriva in Europa dopo il blocco del Garante

L’intelligenza artificiale di Meta si è insediata in tutte le piattaforme del gruppo. Senza che fosse richiesta nessuna installazione, su Instagram, Whatsapp e le altre piattaforme social di Zuckerberg ci siamo ritrovati ad avere una conversazione in più, quella con l’IA.

Dopo che il Garante per la privacy aveva bloccato quest’applicazione in Europa, arriva infine il nulla osta, a seguito delle modifiche e richieste di compliance. L’intelligenza artificiale di Meta sulle sue piattaforme, infatti, avrebbe dovuto fare il suo ingresso già lo scorso 26 giugno. Ritenuta non conforme alla normativa UE, Meta AI ha apportato alcune modifiche per approdare anche in territorio europeo.
Il software si presenta in maniera molto più limitata rispetto alla versione diffusa sul mercato americano, dove può essere addestrato anche con i dati degli utenti, cosa che il mercato europeo vieta e motivo per cui le autorità per la privacy, in particolare la Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC), avevano imposto lo stop.

L’obiettivo di Zuckerberg è quello di far arrivare l’intelligenza artificiale anche a chi comunemente non la utilizza e non la cerca, inserendola direttamente nelle chat di gruppo con amici e parenti. La società di Zuckerberg è in prima linea nella lotta tra le Big Tech per la supremazia nel campo dell’intelligenza artificiale. Meta, già protagonista indiscussa delle piattaforme social, punta ad avere il controllo degli utenti su tutti i fronti, installando – senza richiesta o consenso – un assistente virtuale interno. Questa tecnologia è in grado di apprendere e adattarsi in tempo reale, personalizzare le risposte e “intromettersi” nelle chat di gruppo per risolvere conflitti e moderare i messaggi. Il chatbot è basato sul LLM Llama 3.2 e ha l’obiettivo di far restare gli utenti sulle piattaforme Meta, senza ricorrere al web o altri software di IA per ricercare risposte e informazioni.

I rischi per la privacy e i dati degli utenti europei

Il blocco del Garante per la privacy di quasi un anno fa è stato dovuto alle preoccupazioni riguardo al trattamento e alla protezione de dati personali degli utenti europei. I dubbi maggiori sono sorti proprio in relazione alla possibilità di utilizzare tali dati per addestrare l’algoritmo. La normativa europea, in particolare il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), impone standard rigorosi per quanto riguarda la raccolta, l’uso e la conservazione delle informazioni sensibili.

Il blocco del Garante per la privacy di quasi un anno fa è stato dovuto alle preoccupazioni riguardo al trattamento e alla protezione de dati personali degli utenti europei. I dubbi maggiori sono sorti proprio in relazione alla possibilità di utilizzare tali dati per addestrare l’algoritmo. La normativa europea, in particolare il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), impone standard rigorosi per quanto riguarda la raccolta, l’uso e la conservazione delle informazioni sensibili.

Siccome l’implementazione dell’IA di Meta non si è rivelata conforme agli standard, si temevano potenziali violazioni, soprattutto per quanto concerne la profilazione degli utenti e l’eventuale accesso non autorizzato a dati personali. Il Garante giudicava non conformi alcuni meccanismi utilizzati dall’algoritmo di Meta, ritenendo che necessitassero di modifiche prima di essere introdotti in Europa.

La Commissione (DPC) aveva ricevuto, lo scorso anno, oltre 11 denunce da parte di NOYBNone of your business, un’associazione no profit che tutela i diritti dei consumatori. Le denunce erano relative allo sfruttamento dei dati degli utenti delle piattaforme Meta, che venivano usati per addestrare l’AI, e richiamavano a violazioni del GDPR e del DSA (Digital Services Act). Questo ha portato il Garante a fermare il processo e bloccare Meta AI.
A sua difesa, Meta considerava l’utilizzo dei dati un legittimo interesse per il funzionamento delle piattaforme. Tale motivazione è stata messa in discussione dall’associazione, che riterrebbe non solida la base giuridica del legittimo interesse da parte di Meta. Inoltre, secondo NOYB, vengono anche sottovalutati altri capisaldi del GDPR, come la minimizzazione del trattamento e la limitazione delle finalità. Quale sarebbe la finalità specifica di Meta che giustificherebbe la necessità di utilizzare i dati personali degli utenti? Tutto ciò ha frenato il processo di integrazione di Meta nel vecchio continente, dopo che aveva introdotto la sua IA già negli Usa, in Canada, in Australia, nei paesi africani e in quelli del sud-est asiatico.
Per adattarsi alle richieste del Garante europeo, Meta AI ha dovuto apportare misure correttive relative alla trasparenza della raccolta dei dati, adottare protocolli di sicurezza e sistemi di anonimizzazione per garantire la protezione e collaborare con le autorità per rispettare la normativa europea, in particolare il GDPR.

Il monitoraggio e l’osservazione da parte delle autorità europee per la privacy non si limita al consenso all’introduzione del software. Nonostante Meta abbia raggiunto lo scopo di portare la sua intelligenza artificiale anche nel mercato europeo, seppur in versione limitata, i dubbi relativi alla privacy restano. Come ha dichiarato la stessa DPC, Meta AI resterà sotto stretto controllo.

Il monitoraggio e l’osservazione da parte delle autorità europee per la privacy non si limita al consenso all’introduzione del software. Nonostante Meta abbia raggiunto lo scopo di portare la sua intelligenza artificiale anche nel mercato europeo, seppur in versione limitata, i dubbi relativi alla privacy restano. Come ha dichiarato la stessa DPC, Meta AI resterà sotto stretto controllo.

Le perplessità riguardano il funzionamento stesso del software: l’assistente virtuale non è solo in grado di fornire risposte, ma anche di imparare dalle richieste degli utenti per personalizzare le risposte future, caratteristica che mette in guardia le autorità europee per la privacy. Un’altra sfumatura che allerta il Garante è la questione della condivisione dei dati. Meta sottoscrive di non condividere informazioni personali con terzi, se non con partner selezionati, adducendo come motivazione una necessità legittima per fornire risposte più pertinenti possibile. Un’altra questione che fa storcere il naso alle autorità europee è che, nonostante non vi sia obbligo di utilizzare il chatbot, questa integrazione non può essere in alcun modo disinstallata dalle piattaforme. Una condizione che apre a svariati quesiti relativi ai minori e alle informazioni sensibili che circolano, in particolare su Whatsapp.

Mentre Meta AI resta sotto stretta osservazione della Data Protection Commission di Dublino, il Garante della privacy italiano ha anche ipotizzato provvedimenti nazionali e ha fatto sapere di essere pronto a adottare misure restrittive sul territorio italiano, qualora dovessero emergere criticità nel funzionamento.
Il caso di Meta e del suo chatbot sulle piattaforme social mostra come le restrizioni possono rivelarsi utili e non bisogna sottovalutare determinati aspetti dello sviluppo delle IA.
Ad oggi, Meta si è detta disponibile a collaborare con le autorità europee in materia di privacy. La stretta collaborazione tra aziende tecnologiche e autorità di regolamentazione potrebbe diventare il modello ideale per garantire uno sviluppo sostenibile e responsabile delle nuove tecnologie.

Il corso analizza l’impatto dell’Intelligenza Artificiale e del Metaverso nella professione forense, analizzandone gli sviluppi e illustrando i cambiamenti introdotti da queste tecnologie innovative nella teoria e nella pratica giuridica. Verranno individuate le opportunità offerte dal loro ingresso in campo, le implicazioni etiche e sociali legate al loro utilizzo, ma anche le insidie che possono nascondere.

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