L’uso dell’IA nei tribunali: il caso DoNotPay

Secondo studi recenti, sempre più persone hanno bisogno di un aiuto legale, ma la maggior parte di esse non riceve un supporto adeguato. Questo provoca uno squilibrio tra la domanda e l’offerta di servizi legali. Molti hanno cercato di colmare questo divario attraverso Internet, tra chi prende consapevolezza dei propri diritti e chi cerca di sfruttare le nuove tecnologie per sviluppare nuove vie di accesso alla giustizia.
La nostra società deve ripensare a nuovi modelli per la risoluzione dei conflitti e per i processi giuridici. Il numero crescente di dispute e di persone che avrebbero bisogno di giustizia impone di riflettere su nuovi paradigmi. È proprio questo l’obiettivo della digital justice: trovare nuovi modi per rispondere a questo problema, grazie alla tecnologia.

Il caso DoNotPay

Nel 2023 c’è stato, negli Stati Uniti, il primo caso di uso dell’intelligenza artificiale in un’aula di tribunale. È diventato infatti famoso il caso di quello che è stato nominato “il primo avvocato robot”: DoNotPay. Si tratta del primo software basato sull’ intelligenza artificiale generativa che è stato sperimentato in difesa di coloro che non potevano pagare le multe.
L’idea è nata da Joshua Browder, fondatore di una start-up nata alla Stanford University, che ha deciso di applicare la tecnologia GPT per avere giustizia e combattere un sistema troppo costoso e burocratico. DoNotPay, un’applicazione che si scarica comodamente sul proprio smartphone, tramite auricolari suggerisce all’imputato la propria difesa. Per la prima volta nella storia uno strumento tecnologico si è sostituito ad un avvocato, entrando in aula di tribunale e rispondendo al giudice. Questa svolta può avere implicazioni positive, ma anche effetti negativi.

Lo studente informatico della Stanford ha avuto la lungimiranza di rispondere ad un’esigenza evidente nel Paese, dove, secondo l’American Bar Association, l’80% delle persone con basso reddito non ha accesso alla giustizia. Inoltre, c’è bisogno di maggiore praticità del sistema giuridico, e questo in tutto il mondo occidentale, non solo negli Stati Uniti. Il primo avvocato robot al mondo ha dato il via ad un nuovo capitolo della tecnologia e ha aperto a nuovi modi di considerare la professione legale.

Il CEO di DoNotPay Joshua Browder ha spiegato di aver creato quest’applicazione perché non poteva permettersi di pagare le multe ricevute in un parcheggio e né tantomeno di pagare un avvocato per farsi difendere. Nell’intelligenza artificiale ha trovato la risposta al suo problema – che è quello di molte altre persone –, ma ha voluto lanciare anche una sfida ad un sistema legale troppo macchinoso e burocratico e, soprattutto, troppo costoso. Avere uno strumento a portata di smartphone che in tempo reale costruisce la tua difesa in base a ciò che ascolta in tribunale, invece, è qualcosa di molto più accessibile.

Il CEO di DoNotPay Joshua Browder ha spiegato di aver creato quest’applicazione perché non poteva permettersi di pagare le multe ricevute in un parcheggio e né tantomeno di pagare un avvocato per farsi difendere. Nell’intelligenza artificiale ha trovato la risposta al suo problema – che è quello di molte altre persone –, ma ha voluto lanciare anche una sfida ad un sistema legale troppo macchinoso e burocratico e, soprattutto, troppo costoso. Avere uno strumento a portata di smartphone che in tempo reale costruisce la tua difesa in base a ciò che ascolta in tribunale, invece, è qualcosa di molto più accessibile.


La start-up di Browder, nata nel 2015 proprio per fornire consulenza legale tramite chatbot, ha fatto il suo passo in avanti con l’intelligenza artificiale. L’applicazione DoNotPay ha aiutato persone a pagare le multe ricevute per eccesso di velocità, contestare biglietti del parcheggio e chiedere rimborsi aerei. Tutte questioni legali con cui abbiamo a che fare tutti quotidianamente, ma che non portiamo in tribunale a causa delle elevate spese legali che potrebbe chiederci un avvocato. DoNotPay si è proposta di ridimensionare le parcelle degli avvocati in questo modo. L’obiettivo dell’informatico è proprio quello di sviluppare un software che un giorno sarà in grado di sostituirsi all’avvocato per sconfiggere la burocrazia e dare più giustizia agli imputati.

Rischi e benefici dell’IA nei tribunali

Questo primo esempio mostra il beneficio che può portare l’intelligenza artificiale nei tribunali: l’accessibilità. Grazie a questi strumenti il sistema giustizia è accessibile a tutti e non solo a chi ha le possibilità economiche di avere assistenza legale professionale. L’intelligenza artificiale piano piano sta entrando nei tribunali, non solo negli studi legali. Ci sono molti modi in cui un uso adeguato dell’intelligenza artificiale può portare a evidenti benefici nel processo giudiziale. Ad esempio, l’IA può essere impiegata per identificare e validare prove, analizzare dati in grandi quantità, supportare gli attori del giudizio fornendo previsioni in base ai risultati di processi e casi simili.
Non è, però, tutto così semplice, perché i rischi sono evidenti. In primis, gli eventuali errori che la macchina può commettere o eventuali arringhe condizionate da pregiudizi assimilati dal sistema in fase di addestramento che renderebbero il processo non equo e ingiusto. Su questo aspetto, come su molti altri, bisogna lavorare in modo da ridurre al minimo questi rischi. Infine, quello che preoccupa più gli avvocati, e che risuona nelle parole di Browder, è la possibile sostituzione degli avvocati umani con avvocati robot. Certo, questo potrebbe avvenire in rari casi poco complessi e in un futuro ancora remoto, di certo non prima di aver sciolto tutti i nodi relativi alle questioni etiche.

Molti di coloro che cercano di frenare questa immistione della tecnologia nella giustizia non ritengono, infatti, etico delegare decisioni relative alla vita delle persone a un algoritmo. Sarebbe per loro impensabile che un giorno delle sentenze possano essere scritte da un robot. Senza trascendere in visioni eccessivamente futuristiche o addirittura fantascientifiche, l’idea di avere un avvocato gratuito che ti suggerisce in aula tramite AirPods è qualcosa di innovativo e in termini concreti può dare voce alla maggioranza di popolazione che non può permettersi un avvocato in carne ed ossa. È improbabile, però, che questo strumento sostituirà in toto gli avvocati, soprattutto se prendiamo in considerazione i casi più complessi dove a volte è proprio l’oratio del professionista a fare la differenza. Dobbiamo ricordarci che gli strumenti di intelligenza artificiale generativa, per quanto “intelligenti”, non sono dotati di morale e di etica né sono capaci di appellarsi ad essa. Quell’arte di fidem facere et animos impellere (convincere razionalmente e persuadere emotivamente) è propria della retorica umana e difficilmente potrà essere sostituita.

Al momento, l’uso dell’IA nei tribunali non è vietato, ma in molte aule è vietato l’uso della tecnologia, quindi molti tribunali non hanno permesso di disputare i casi con l’ausilio dell’applicazione di Browder. Si tratta di una fase ancora sperimentale e ci sono da considerare aspetti come l’eticità dello strumento, la sua precisione, i bias indotti dalla fase di addestramento. Se, però, l’intelligenza artificiale venisse normata nel giusto senso, comprendendo anche lati più controversi come quelli relativi alla responsabilità, potrà aiutare quella parte di cittadini, americani e non, ad avere quello che in legal english si chiama fair trial, un processo equo.

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