Da AIPA ad AgID, fino all’IA. La digitalizzazione della PA

La Pubblica Amministrazione è un settore centrale per la vita del cittadino. Gli enti e gli uffici pubblici che ne fanno parte hanno un ruolo fondamentale perché interagiscono direttamente con gli individui di una comunità, coordinandone e gestendone le attività. Questo rapporto diretto non è però sempre facile. Per agevolarlo, la tecnologia ci ha dato un grande supporto. Infatti, sono state create varie agenzie governative che hanno portato man mano ad una trasformazione e ad un’evoluzione della pubblica amministrazione negli anni. La prima tappa che apre le porte della pubblica amministrazione alla tecnologia è la nascita dell’AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) nel 2003. Questa agenzia statale aveva il compito di promuovere e coordinare l’informatica nella PA, redigere normative sul suo utilizzo e verificarne l’attuazione. Si è trattato del primo organismo ad avviare la digitalizzazione, come viene chiamata oggi, della pubblica amministrazione in Italia. Dopo dieci anni, l’AIPA è stata sostituita dal CNIPA (Centro nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione), che ha ereditato gli stessi compiti di coordinamento dell’informatica, sviluppo di servizi automatizzati a sussidio degli enti e promozione dello sviluppo informatico. Il CNIPA, organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, forniva anche consulenza su disegni di legge nazionale e regionale in materia di informatica. Trasformato poi in DigitPA, il centro viene destituito nel 2012 e sostituito con l’AgID (Agenzia per il Digitale) tuttora in essere. I compiti dell’agenzia sono gli stessi (coordinamento e promozione degli strumenti informatici e digitali negli enti della pubblica amministrazione e supporto tramite servizi digitali a cittadini e imprese), ma ovviamente si fanno sempre più complessi, data la crescente evoluzione nel campo. Fino ad poco tempo fa, tra i compiti dell’agenzia c’erano anche l’accreditamento e l’autorizzazione dei servizi che svolgevano attività in ambito digitale. Dallo scorso anno, questa attività è passata nelle mani dell’ACN (Agenzia Cybersicurezza Nazionale).

L’Italia, come gli altri paesi e a livello sovranazionale l’Unione europea, deve cercare di mettersi al passo con i tempi rapidi con cui procede il progresso scientifico. La spinta degli ultimi anni in ambito tecnologico impone un’urgenza nella coordinazione e nello sviluppo di competenze. Il nostro paese è chiamato ad adeguarsi in questo campo anche per questioni di sicurezza. Le crescenti minacce di attacchi informatici agli enti e alle istituzioni, statali e non, hanno portato nel 2021 alla creazione dell’ACN. Mentre l’AgID punta a consolidare l’infrastruttura informatica nazionale portando la pubblica amministrazione verso una completa trasformazione digitale, con servizi e tecnologie a servizio del cittadino sempre più fruibili ed avanzate, l’ACN nasce per rispondere alla necessità di sicurezza.

L’Italia, come gli altri paesi e a livello sovranazionale l’Unione europea, deve cercare di mettersi al passo con i tempi rapidi con cui procede il progresso scientifico. La spinta degli ultimi anni in ambito tecnologico impone un’urgenza nella coordinazione e nello sviluppo di competenze. Il nostro paese è chiamato ad adeguarsi in questo campo anche per questioni di sicurezza. Le crescenti minacce di attacchi informatici agli enti e alle istituzioni, statali e non, hanno portato nel 2021 alla creazione dell’ACN. Mentre l’AgID punta a consolidare l’infrastruttura informatica nazionale portando la pubblica amministrazione verso una completa trasformazione digitale, con servizi e tecnologie a servizio del cittadino sempre più fruibili ed avanzate, l’ACN nasce per rispondere alla necessità di sicurezza.

La tecnologia, come sappiamo, non è solo progresso ed evoluzione che semplificano la nostra vita, ma cela molti rischi di cui gli stati devono tenere conto. L’aspetto della sicurezza informatica è sempre stato centrale per le amministrazioni, ma attraverso la cybersicurezza si vuole includere la totalità dei rischi, dal software all’hardware. L’ACN interagisce con tutti gli attori coinvolti in processi cibernetici e informatici, coordinandone l’attività e monitorando la rete a livello nazionale con i soggetti e le amministrazioni, rispondendo direttamente al Presidente del Consiglio. Anche se l’AgID continua ad essere operativa, l’ACN potrà inglobarla in futuro. È già iniziato il processo di transizione tra le due agenzie con il passaggio di determinati compiti, come la qualificazione dei servizi cloud. Probabile che le due agenzie lavoreranno ancora in contemporanea finché il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione non sarà completato e consolidato.

I ritardi dell’Italia nella digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni

L’Italia, però, si attesta ancora indietro in questa transizione, come confermano vari report. Stando ai dati dello scorso anno rilevati da eGovernment Benchmark, il nostro paese è al di sotto di 70 punti circa rispetto alla media europea nella digitalizzazione della pubblica amministrazione., a differenza degli altri paesi dell’Ue e di tutto il continente, che continuano a procedere a grandi passi verso una completa offerta dei servizi digitali per i cittadini. L’Ue ha promosso varie iniziative per raggiungere determinati obiettivi per garantire un futuro digitale per tutti i cittadini europei, ma non è così facile in tutti i paesi. L’accesso online per i servizi della pubblica amministrazione deve essere agevolato da politiche volte alla semplificazione della burocrazia, procedure che in Italia sono ancora il peggior ostacolo verso l’innovazione. Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano hanno dichiarato che, a livello locale e comunale, gli enti della pubblica amministrazione sono appena all’inizio nel processo di digitalizzazione e nell’adozione di software e servizi digitali per il pubblico. I motivi sono diversi, partendo dall’analfabetismo digitale. Il personale delle PA non viene formato ad utilizzare software e procedure digitali, ma il problema è anche dei privati cittadini che hanno difficoltà nel comunicare con gli enti e comprendere le nuove modalità.

Secondo il professore Paolo Atzeni, dirigente dell’ACN intervenuto a Biennale Tecnologia del Politecnico di Torino, è cruciale una formazione in termini di sicurezza informatica e cybersecurity a tutti i livelli scolastici. Anche i nativi digitali, ovvero i giovani che sono nati nell’era del computer e delle sue veloci innovazioni, non hanno la consapevolezza dei rischi legati alla diffusione dei loro dati. Questo analfabetismo digitale, che persiste, crea un gap con gli altri paesi europei da colmare sia per una maggiore efficienza del digitale, anche nei servizi della pubblica amministrazione, sia in termini di sicurezza e di un utilizzo consapevole degli strumenti tecnologici.

Secondo il professore Paolo Atzeni, dirigente dell’ACN intervenuto a Biennale Tecnologia del Politecnico di Torino, è cruciale una formazione in termini di sicurezza informatica e cybersecurity a tutti i livelli scolastici. Anche i nativi digitali, ovvero i giovani che sono nati nell’era del computer e delle sue veloci innovazioni, non hanno la consapevolezza dei rischi legati alla diffusione dei loro dati. Questo analfabetismo digitale, che persiste, crea un gap con gli altri paesi europei da colmare sia per una maggiore efficienza del digitale, anche nei servizi della pubblica amministrazione, sia in termini di sicurezza e di un utilizzo consapevole degli strumenti tecnologici.

La protezione, la formazione e la cooperazione sono tra le aree principali di intervento degli 82 obiettivi che l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale si è proposta di raggiungere entro il 2026. L’adeguata formazione e la corretta informazione sono elementi cruciali per contrastare minacce e crisi cibernetiche, sia nel privato che nella pubblica amministrazione.

L’IA nella PA: l’arrivo dell’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione

Oggi, con la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa, si riflette sui benefici che questa potrebbe apportare agli enti pubblici. Non è facile inserire l’IA nella pubblica amministrazione. Se è vero che l’IA offre la possibilità di migliorare i servizi per i cittadini e semplificare i compiti di cui i dipendenti degli enti e delle pubbliche amministrazioni sono oberati, vi sono varie questioni da tenere in conto. I nuovi strumenti potrebbero dare un grande apporto ai dipendenti pubblici, sollevandoli da mansioni e compiti stressanti e di routine, supportandoli e lavorando in sincrono per una maggiore efficienza, necessaria nei servizi per il pubblico. Le sfide, però, non sono poche. Anche qui, la formazione è fondamentale per i dipendenti pubblici e permettere loro di gestire al meglio questo strumento. Non solo, l’uso dell’IA nella PA solleva anche questioni etiche e di natura giuridica. È necessario introdurre normative adatte per inquadrare la tecnologia in confini etici.

L’AI Act dell’Ue ha cercato di regolare l’uso di strumenti di intelligenza artificiale nelle pubbliche amministrazioni, diffondendo le best practice a tutti gli stati membri in linea con i principi normativi e il rispetto dei diritti fondamentali. L’IA può essere una svolta epocale nella digitalizzazione della pubblica amministrazione, in corso da oltre venti anni, anche nel nostro paese. È un’occasione per migliorare i servizi per il cittadino, adottando strategie per sfruttare il potenziale di questa nuova tecnologia. Gli operatori delle PA sono carichi di lavoro e spesso stressati e frustrati: l’automazione di alcuni compiti e attività ripetitive, come l’inserimento di dati e la classificazione di documenti, apporterebbe grandi vantaggi, rendendo i processi più rapidi e più precisi. La qualità del servizio potrà essere migliorata anche da una customizzazione dei servizi, resa possibile grazie a questi modelli. Servizi proattivi e comunicazioni efficienti renderanno la relazione tra cittadini e pubbliche amministrazioni più fluida e trasparente, il che andrà ad influire positivamente sul sistema burocratico e amministrativo del paese e delle regioni.

I costi e la mancanza di know-how da parte degli operatori, o gli ostacoli etici relativi alla privacy da affrontare, pongono la questione su un livello più complesso. Un altro aspetto da sottolineare è la necessità di interoperabilità tra i vari servizi della pubblica amministrazione, perché gli enti devono fare rete e al momento c’è ancora una frammentarietà delle infrastrutture. Il rischio è che l’intelligenza artificiale non riuscirà ad operare in modo adeguato. Tutto riconduce ad una necessità di regolamentazione di questo strumento all’interno della PA, ci si chiede quale saranno le policy e le pratiche per introdurre e governare gli strumenti di intelligenza artificiale, quali regole e linee guida applicare ai modelli e quali rischi ci sono e come gestirli. Il primo passo è sicuramente l’implementazione delle regole di compliance e della gestione del rischio contenute nell’AI Act.

Aspetti da considerare in questo processo sono quelli etici e relativi ai diritti fondamentali. Alcune amministrazioni pubbliche, infatti, si stanno portando avanti su questi criteri, come ad esempio la Città di Torino. Il Comune del capoluogo piemontese ha istituito un Board Etico per le tecnologie emergenti con l’obiettivo di valutare l’impatto sociale di queste nuove tecnologie, soprattutto dell’intelligenza artificiale, prima della loro adozione nei sistemi operativi dell’amministrazione. Questo è il primo caso in Italia di creazione di un network con le istituzioni nazionali ed europee che raccoglie varie figure di specializzazione perché valutino ogni criticità che le tecnologie potrebbero generare trattando con i dati dei cittadini. Da questo spirito innovativo nasce anche l’ipotesi di adottare un software creato dal CSI, il Consorzio per il sistema informativo: Camilla. Si tratta di un assistente virtuale che potrà essere adottato dalle pubbliche amministrazioni per fornire servizi e informazioni al pubblico negli ospedali, nelle università e in qualsiasi ente pubblico. Si tratta di un prototipo, ma le simulazioni, al momento, promettono buoni risultati. Anche in questo caso, passando da un’interazione umano-umano ad una umano-macchina, ci potranno essere biases cognitivi da smuovere e decostruire per permettere un avanzamento etico ed evitare di incorrere in errori. L’obiettivo è rendere l’accesso alla pubblica amministrazione più semplice e trasparente per i cittadini, in un quadro normativo ed etico ben definito, per avvicinare l’individuo alla cosa pubblica.

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