Modelli consent or pay: siamo veramente liberi di scegliere?

L’origine del parere dell’EDPB

L’autorità di vigilanza olandese, quella norvegese e tedesca hanno sollecitato il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) per l’emissione di un parere riguardante le condizioni di validità dei modelli “consent or pay” relativi alla pubblicità comportamentale attuata dalle grandi piattaforme online. Le richieste delle tre autorità di vigilanza sono state analizzate approfonditamente dall’EDPB, il quale a conclusione della disamina ha diffuso il parere n.08/2024, adottato lo scorso 17 aprile.
L’analisi operata dall’EDPB riguarda l’intricato rapporto tra l’adozione dei modelli “consent or pay” da parte delle grandi piattaforme online e la normativa europea del GDPR in tema di consenso al trattamento dei dati. In particolare, ci si chiede se la raccolta dei dati mediante questo ambiguo modello di adesione possa essere ritenuta conforme ai canoni europei: occorre stabilire se il consenso espresso mediante una scelta effettuata su modello “consent or pay” può essere considerato valido e liberamente prestato.

I modelli “consent or pay”

I modelli “consent or pay” possono essere definiti come i moduli in cui un responsabile del trattamento offre agli interessati la possibilità di scegliere tra due opzioni per accedere a un servizio online fornito dal responsabile stesso.
L’interessato si trova, quindi, a dover effettuare una scelta tra due sole opzioni presenti. Potrà infatti: i) acconsentire al trattamento dei propri dati personali per una finalità specifica, oppure ii) decidere di pagare un corrispettivo e ottenere l’accesso al servizio online senza che i propri dati personali siano trattati per tale finalità.
Con l’espressione finalità specifica si allude alla cosiddetta pubblicità comportamentale, la quale si basa sui dati raccolti attraverso l’osservazione dell’attività online degli utenti nel corso del tempo. Tale monitoraggio avviene attraverso l’uso di cookie o altre tecnologie di tracciamento che restituiscono alla piattaforma un preciso identikit dell’utente, delle sue preferenze e dei suoi comportamenti online.

La corresponsione di un corrispettivo è dunque il prezzo che l’utente deve pagare per evitare un tracciamento non desiderato, cioè per evitare di essere soggetto alla pubblicità comportamentale adoperata dalle grandi piattaforme online. Questo è uno dei principali problemi che sorge riguardo ai modelli “consent or pay”: nello specifico, l’utente è posto di fronte a quella che potremmo definire una non-scelta, in quanto pochi saranno i soggetti disposti a pagare per evitare una profilazione comportamentale da parte delle piattaforme. La falla di questo sistema di gestione del consenso è costituita dall’illusione che l’utente abbia accesso a due equivalenti versioni alternative del servizio. Questa illusione, in aggiunta, si fonda su un errato assunto che vede i dati come dei beni commerciabili e quindi passibili di essere valutati economicamente.

L’EDPB, nel suo parere, rammenta agli utenti del web, ma soprattutto alle grandi piattaforme online che i dati personali non possono essere commerciati e che, dunque, non è possibile configurare un diritto alla protezione dei dati a pagamento: la tutela degli utilizzatori dei servizi web e dei loro dati non può essere soggetta a corrispettivo e non può considerarsi come un prodotto che gli interessati devono acquistare per poterne godere.

L’EDPB, nel suo parere, rammenta agli utenti del web, ma soprattutto alle grandi piattaforme online che i dati personali non possono essere commerciati e che, dunque, non è possibile configurare un diritto alla protezione dei dati a pagamento: la tutela degli utilizzatori dei servizi web e dei loro dati non può essere soggetta a corrispettivo e non può considerarsi come un prodotto che gli interessati devono acquistare per poterne godere.

Definizione delle piattaforme online

Il GDPR non ci fornisce una definizione delle piattaforme online; è opportuno quindi attingere ad un’altra normativa.
Il significato del concetto di “piattaforma online” è contenuto nell’articolo 3(i) del Digital Service Act, un regolamento europeo emanato nel 2022 con l’obiettivo di regolamentare vari aspetti del mercato digitale interno dell’UE, facilitando il commercio elettronico transfrontaliero e garantendo un alto livello di protezione per i consumatori. L’articolo 3(i) del regolamento sui servizi digitali definisce la “piattaforma online” come “un servizio di memorizzazione di informazioni che, su richiesta di un destinatario del servizio, memorizza e diffonde informazioni al pubblico […]”. Tali piattaforme fungono quindi da contenitori di informazioni e dati cui possono attingere previo consenso dell’interessato.

La delicata questione del consenso

Il tentativo di risoluzione della problematica concernente i modelli “consent or pay” e l’effettivo consenso dell’utente deve prendere avvio dall’articolo 7 del GDPR rubricato “Condizioni per il consenso”.
In primo luogo, occorre sottolineare che il consenso per essere valido deve essere specifico, cioè prestato per una o più finalità determinate, e deve corrispondere a un’indicazione inequivocabile della volontà dell’interessato. Questa affermazione ci consente di accennare ad un altro persistente problema del mondo digitale: quello riguardante i consensi accorpati. Infatti, non può ritenersi valida la tecnica di accorpare più finalità di consenso sotto un’unica dicitura, così vincolando l’utente a prestare il consenso per tutte o per nessuna di tali finalità.

Inoltre, il paragrafo 4 del succitato articolo 7 del GDPR concerne il consenso “liberamente prestato”, intendendosi il consenso dato senza coercizione di sorta. Il GDPR aggiunge che “il consenso non dovrebbe essere considerato libero se l’interessato non ha una scelta reale o libera o non è in grado di rifiutare o revocare il consenso senza pregiudizio”. Quest’ultima clausola è estremamente importante, in quanto include nelle ipotesi di consenso non libero la perdita finanziaria (il corrispettivo citato qualche riga sopra) che impedisce a una persona di rifiutare il trattamento dei dati.
Per evitare qualsivoglia pregiudizio, qualsiasi costo imposto non può essere tale da impedire agli interessati di compiere una scelta libera: ciò comporterebbe un evidente squilibrio di poteri tra l’interessato e il responsabile del trattamento.

Conclusioni

L’EDPB conclude il suo rapporto sottolineando che il consenso raccolto dalle grandi piattaforme online nel contesto dei modelli “pay or consent” relativi alla pubblicità comportamentale può essere considerato valido solo nella misura in cui tutti i requisiti per un consenso valido siano soddisfatti, vale a dire che:

  • Il consenso è liberamente prestato,
  • Il consenso è informato,
  • Il consenso è una indicazione di volontà non ambigua,
  • Il consenso è specifico.

Si deve concludere che, nella maggior parte dei casi, non sarà possibile per le grandi piattaforme online rispettare questi requisiti, posto che gli utenti sono messi di fronte solo a una scelta binaria tra acconsentire al trattamento dei dati personali a fini di pubblicità comportamentale e pagare una tariffa. Pertanto, l’offerta di (solo) un’alternativa a pagamento al servizio che include il trattamento a fini di pubblicità comportamentale non dovrebbe essere una soluzione di default per richiedere il consenso.

Il termine Data Protection identifica quella serie di operazioni volte a preservare la sicurezza delle informazioni di un’organizzazione e dei suoi membri. Il corso permette di acquisire competenze su come tutelarsi contro fenomeni lesivi come la compromissione, la perdita o la diffusione illecita di dati personali e come intervenire in caso di incidenti.

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