Legal tech e la rivoluzione tecnologica nel mondo del diritto italiano: siamo solo all’inizio

Nonostante la reazionaria percezione della tecnologia da parte del mondo legale, ancora troppo ancorato all’esercizio “tradizionale” della professione, vi sono segnali positivi nella crescita di realtà imprenditoriali italiane nel settore delle startup legal tech. Differenti per collocazione geografica, settore specifico di sviluppo e tecnologia utilizzata, ma tutte con un denominatore comune: dare un segnale positivo a ciò che sarà “il giurista di domani” e creare attrattiva sia di investitori che di pubbliche istituzioni. 

Oltre ai risultati sinora raggiunti, fa ben sperare il proliferare di avvocati, notai, giuristi di impresa, magistrati che nelle loro attività quotidiane utilizzano soluzioni altamente innovative e seguono corsi di specializzazione di media-lunga durata per utilizzare linguaggi di programmazione come Phyton 3 o utilizzare una virtual machine. Ma quali sono le principali aree in cui la nascita e lo sviluppo di un progetto legal tech ha avuto maggior interesse e terreno fertile nel panorama italiano? 

Se da un lato, la trasversalità della tecnologia all’interno degli ambienti legali ha contaminato la generazione della contrattualistica (anche attraverso l’utilizzo di chatbot e web application online), della certificazione dell’identità digitale (anche a seguito della situazione pandemica che ha comportato un costante aumento di servizi “a distanza”), della compliance 231/2007 e Data protection (dove i software di data governance, data management e legal design hanno acquisito un ruolo importante), dall’altro nascono e si sviluppano sempre più novità e soluzioni a supporto della tutela di interessi correlati a brand, reputazione e proprietà intellettuale (in cui si assiste soprattutto alla commistione tra l’analisi di enormi quantità di dati e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, fino alla creazione di algoritmi più o meno complessi e ai tentativi più meno riusciti – o utili – di beneficiare della blockchain). 

In tale contesto, se prima il professionista, anche sulla scorta di quanto Susskind prediceva nelle sue pagine, approcciava la rivoluzione dell’”avvocato di domani” unicamente attraverso l’efficientamento e la ricerca di una maggior rapidità nello svolgere attività quotidiane, non sempre correlate con il business (si pensi solo alla gestione amministrativa di uno studio) con l’ausilio della semplificazione tecnologica di processi e documenti, oggi, seppur come mosche bianche, su tutto il territorio nazionale vi sono realtà che si spingono oltre, testando prodotti e servizi altamente innovativi che possano supportare ambiti sinora inesplorati. 

L’automazione della produzione e gestione documentale, di processi e di procedure interne continua ad essere uno degli strumenti più utili per gli operatori del diritto, permettendo di standardizzare e semplificare tutta una serie di attività che incidono positivamente sul risparmio di quotidiano di tempo (di gran valore per il professionista), ma è attraverso l’introduzione di altri strumenti che si sta esplorando la vera rivoluzione tecnologica del mondo legale. 

Supportati dal consenso imprenditoriale, esempio ed apripista dell’attenzione, seppur timida, che l’amministrazione e le istituzioni pubbliche stanno dedicando sinora alla tematica, negli ultimi tempi si stanno esplorando sia implementazioni concrete del controllo di filiera produttore-consumatore (mediante l’utilizzo di tecnologie basate sulla condivisione di big-data e registri distribuiti tra le parti in gioco) e smart contract (grazie anche all’implementazione di firme ed identità digitali che possano conferire validità al negozio giuridico), che soluzioni più specifiche volte alla tutela di diritti fondamentali (molto spesso ambiti delicati, tra cui quelli ad alto risvolto penalistico), ed alla maggior e miglior fruizione di contenuti complessi per il comune cittadino. 

E così, in un mondo estremamente digitalizzato, sbarcano e si diffondono gli OSINT (Open Source Intelligence), vedono la luce progetti per la raccolta e la costruzione di prove da far valere in giudizio e si diffondono altresì soluzioni per il miglioramento di procedimenti e tempistiche della giustizia. Tutte novità, queste, che coadiuvano l’azione e le competenze del professionista, migliorando e completando le stesse mediante il dovuto supporto di ricerca di informazioni e prove a sostegno delle strategie difensive: le ricerche non sono più rivolte solo agli aspetti giuridici e giurisprudenziali di una questione, ma si riflettono anche su aspetti e concetti di information gathering, online recognition, scraping, vulnerability assessment e penetration testing

Non bisogna poi dimenticare come, in diversi ambiti, sia sempre più diffusa la fusione del legal tech con il concetto di legal design, particolarmente apprezzato nelle relazioni business-to-consumer per la praticità, chiarezza e fruizione immediata di aspetti non particolarmente comprensibili a un primo sguardo, come quelli del diritto. Interessante e, a nostro avviso, vincente è ciò che sta alla base di tale connubio: il principio human centered e della relazione avvocato-partner che si dovrebbero maggiormente diffondere all’interno dei nostri ambienti.

Se per gli aspetti sopra descritti il panorama delineato è positivamente sfidante, la contrazione nella crescita del mercato nell’ultimo anno denota, però, la persistente mancanza di adeguata attenzione da parte di Governo ed istituzioni pubbliche, le quali al momento rimangono poco più che osservatori passivi di una innovazione fondamentale anche per la crescita ed il futuro del Paese. 
Come già detto, si parla tanto di blockchain, smart-contract, machine learning ed intelligenza artificiale (per non menzionare la quinta generazione di reti mobili), tutte tecnologie che stanno sicuramente cambiando il concetto stesso di resa e fruizione dei servizi legali, ma che, purtroppo, incontrano ancora parecchi limiti legati alla “tradizione” e a gap normativi sempre più evidenti. 

È così che diverse interessanti soluzioni vengono implementate attraverso un adattamento della legislazione interna all’ambiente giuridico internazionale, più fertile ed avvezzo alla ricerca e creazione di un equilibrio sempre più stabile (e necessario) tra tecnologia e diritto. Per citarne solo alcuni, grandi limiti si riscontrano, ad esempio, quando ci si imbatte nella progettazione di sistemi che semplificano notevolmente gli scambi commerciali, la sottoscrizione e la validità di accordi a distanza: il processo di firma, infatti, deve fare i conti con i requisiti regolamentari ancora troppo stringenti a livello sovranazionale e nazionale per permettere contemporaneamente l’adozione di sistemi che consentano, da un lato, di preservare le garanzie di sicurezza, integrità ed immodificabilità documentale e, dall’altro, di consentire la rapidità e la semplificazione portate dalla tecnologia (attualmente solo alcuni formati, secondo quanto previsto normativamente, sarebbero in grado di soddisfare i requisiti legali richiesti per la valida formazione di taluni tipi di documenti). 

A ciò si aggiunge anche che l’adozione di risorse altamente tecnologiche necessita spesso anche di notevoli risorse economiche (quantomeno inizialmente): è di facile comprensione, dunque, come alcuni ambiti non potranno avere facile via di diffusione nelle piccole e medie realtà imprenditoriali o professionali, che rappresentano larga parte del tessuto economico italiano. Agli occhi di molti, allo stato attuale, il “gioco” di bilanciamento costi-benefici non vale la candela ed è facile cadere nella tentazione di invocare risposte normative che possano permettere la completa integrazione della tecnologia all’interno del mondo legale.

Il nostro modo di vederla, però, frutto anche dell’esperienza quotidiana a supporto di startup e progetti innovativi, non si limita solo ad un sollecito al legislatore, ma anche, se non soprattutto, a tutti gli operatori del diritto, i quali devono farsi e sentirsi parte del cambiamento e, quindi, sostenere l’inversione di rotta cambiando il mindset nell’approccio al workflow giornaliero: è fondamentale prendere sempre più coscienza, sensibilità e dimestichezza con la tecnologia e l’utilizzo della stessa. 

Lasciandosi guidare dalle nuove generazioni, questa rivoluzione può (e deve) essere davvero compiuta: senza fare previsioni azzardate, la nostra partecipazione a diversi hackaton, eventi, mentorship e progetti di incubazione, ci permette di constatare come stia aumentando esponenzialmente l’interesse e la volontà di giovani imprenditori nell’ideazione e progettazione di soluzioni legal tech: hanno intuito, infatti, che è un settore ricco di potenzialità e sono, comunque, fortemente intenzionati a mostrarlo nonostante la perdurante resistenza al cambiamento di larga parte degli studi professionali. 

Come detto più volte all’interno di queste brevi considerazioni, per ora siamo solo all’inizio, ma tali segnali fanno ben sperare. Dal canto nostro, continueremo a percorrere la strada tracciata dando il nostro contributo all’evoluzione della nostra professione.

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